lunedì 29 giugno 2009

Il Signore degli Anelli e i suoi derivati


Il titolo del post ha una sua ragione. La storia fantastica e ricca di mistero e di fascino, come può essere quella citata, ha il suo contrapposto che, secondo me, potrebbe e dovrebbe essere evidenziato. Non è un'altra storia complementare e, in qualche modo, coerente, per rendere la storia suddetta, più ampia e completa: cioè ogni evento ha il suo lato positivo ed il suo lato neutro, il lato neutro può essere negativo oppure anti, dipende dalle circostanze che prendono il sopravvento. Ogni evento ha tutte e quattro le valenze, una però è sempre in mutazione, è l'attimo fuggente oppure il vuoto alienante, anche qui dipende..Il rapporto non è statico, ma dinamico anche se chiuso in una sorta di coscienzialità che non si può dire sta in qualche parte..STA e basta..
La storia da me detta derivata è, per l'appunto, una derivazione entropica e (tendenzialmente non utilizzabile perché non collegata alla sostanza, ma soltanto ed intenzionalmente, alla apparenza, effimera e fuorviante, della storia portante) il suo scopo si può sintetizzare azione assurda che deriva da un percorso, di per sé, esperienziale e, comunque di cultura, reso forzatamente un elemento strumentalizzabile per svalorizzarne il grado di formazione culturale e per renderlo comunque qualcosa che tende a peggiorare la comprensione, invece che renderla più profonda e fluida... .
Come accade questo?

Raccontare come possa accadere questa CADUTA non è semplice; senza una base cognitiva attinente, è come voler spiegare gli effetti astrofisici della relatività ad una persona che non concepisce la forza di gravità. In ogni caso si può tentare, presupponendo che ogni essere umano, se vuole veramente, riesce a comprendere ciò che sembra un mistero, e scansando il solito comodissimo atto di fede subìto, si dedica a quella certezza intima, o fideità, che sorge dalla propria presenza a se stesso, in quanto esistente e facente parte di ogni accadimento sostanziale riguardi l'ambiente in cui è venuto a concepirsi e nascersi.
Questa presenza a se stesso non gli dà potere sull'altro o lo fa essere più furbo, talché" frego tutti sul tempo": niente di tutto ciò, che poi è solo entropia e annientamento.
Semplicemente lo aiuta a non perdere se stesso, nel deserto della propria realtà reale.

La Derivazione:

Come non farsi ricadere addosso ciò che si cerca di evidenziare, che appare come scorretto, invasivo, ma anche già accaduto. Solo che l'accaduto non è visibilizzabile concretamente; come se ne parla sembra debba comparire nelle vesti di un malaaugurio che da se stessi ci si sia procurati, come avessimo lanciato un boomerang. Ma non è così per niente.
Dimostrarlo equivale poter dimostrare il seguente trucco: su una video cassetta si vede il Presidente degli USA xy che stringe la mano a mia madre, ed io sono una massaia italiana che non è mai stata negli USA, tanto meno mia madre. Però la videocassetta dà proprio la certezza effimera che mia madre sia lì, che scambi qualche battuta con il Presidente mentre si stringono la mano. Persone di poca esperienza e cultura nulla potrà dissuaderle che non sia così e non interessa loro come il fatto sia potuto accadere..Interessa solo lo sproloquio di pregiudizi e non sense che da esso possono emergere ed essere costruiti..
Ordunque la derivata consta della parte non visibile, non concretizzata, non data in pasto agli altri in modo razionale, di cronanca mondana e contingente. Essa trova la sua espressione cardine nel riflesso dell'induzione dalla quale è provocata. Il riflesso comincia a emrgere in una sequenza di volti, di frasi, di modi di fare e di dire e di atteggiarsi che, immancabilmente portano colui che è il soggetto occulto di questa derivata, a ritrovare se stesso immerso in un clima di cinema virtuale alla sua misura, con le sue storie, con la sua emotività con i suoi desideri, anche molto intimi..Insomma la derivata ha lo scopo di immettere, il soggetto che sceglie, in una dimensione tipica di chi indossa un casco virtuale e vede la sua vita onirica, il suo livello emotivo davanti agli occhi come fosse il suo momento esistenziale reale. Ma ovviamente non è così..Sta subendo soltanto una violenza audio visiva ad opera di esperti corrotti e disumanizzati ad hoc.
Ora ci si attenderebbe un esempio figurato. Tipo il film "Mission Impossible". Ma come si può descrivere un tentativo di violenza che ha lo scopo di abbattere la credibilità di un individuo nei riguardi di se stesso? La nostra epoca ha reso agguerrite quelle persone che hanno sempre dovuto agire senza troppo evidenziarsi, cioè, soprattutto mentalmente, in quanto non adatte allo scontro diretto. Queste stesse persone continuano ad agire in questo modo, ma hanno dei supporti, delle estensioni che rendono il loro agire più capace di colpire indirettamente una persona. In questo senso, l'individuo che subisce questa violenza ha a che fare con un violentatore che può dirsi fantasmatico. da qui la possibilità di rendere le sue percezioni assimilabili ad un suo disturbo, invece che ad una sua più sottile capacità cognitiva. basterebbe che le autorità prendessero in seria e grave considerazione le possibili strumentazioni che sono a disposizione anche del più inetto fra le carogne, e l'individuo aggredito sarebbe tutelato.
Invece rischia di sembrare pazzo. Oppure di colpevolizzarsi a tal punto da non riuscire a ritrovare stima e dignità nei riguardi di se stesso.
Chi sono, nella fattispecie, queste persone? Un esempio nitido si può in qualche modo rilevare nelle personalità dei due leoni maschi fratelli e nemici nel c. a. Il Re Leone, oppure nei personaggi di Abele e Caino di biblica memoria; nel film Il Gladiatore, cioè il figlio legittimo di Marco Aurelio, Commodo, ma incapace di reggenza e il capitano di tutti gli eserciti - per l'appunto - Massimo - Il gladiatore. Quel tipo di soggetti lì " Scar, Caino, Commodo, ecc. cioè le carogne di millenaria esperienza, che oggi come oggi, sono pericolosamente avvantaggiati perché possono coprire ancora meglio le loro infamie, di tutti contro l'eroe di turno ed anonimamente....

In relazione a quanto sinora descritto vorrei dire quanto segue:
" Il criminale è quell'individuo, maschio oppure femmina, che per non dover sentire, vedere, affrontare il terrore che ha di sè, lo proietta sull'altro, considerandolo un pericolo per la sua menzoniera esistenza. L'altro, quindi, diventa il perno contro il quale costuirivolge la reazione ed ovviamente, non può che essere un'azione distruttiva, oppure, blandamente corporativa. In genere l'alterità preferita dal criminale è isolata, inferiore di forza, non tanto fisica, quanto sociale, materiale, di possesso. Il più delle volte costui scatena la propria follia, contro coloro che, avendo, a differenza di costui, il massimo rispetto per se stessi, trovano un altro modo per affrontarsi, per chiedersi, per prendere atto di questo innato ed insopprimibile terrore. Non lo fuggono, ma, con dignità ed umana tendenza lo rendono parte di quella debolezza tipica di chi ha dimenticato quasi tutto di se stesso, e si fa carico della propria ignoranza, unica colpa e peccato, cui si dovrebbe rimettere la nostra responsabilità mancata. In questo senso, facendosi responsabili della propria irresponsabile dimenticanza, decidono in un modo più consono ad esseri dotati di intelligenza e di sensibilità propria, che il terrore di se stessi altro non è che il quid irrisolto a causa di questa ignoranza. soltando cercando di risolvere questo handicap si può uscire da questo terrore altrimenti inaccettabile, perché assurdo. Non utile. disevolutivo.

Il criminale, altri non é che colui o colei che non vogliono farsi crico di se stessi, che delegano questa responsabilità su altro e che cercano un qualcun altro cui far pagare il prezzo della loro inettitudine spirituale e della loro folle incapacità di reggere la propria debolezza intima.
Ergo, sono degli emeriti vigliacchi che con il tempo e le maleazioni, diventano sempre più delle crogne pronte a qualsiasi crimine, senza badare minimamente alle conseguenze. Senza porsi alcun problema della irreversibilità di alcune di esse, le quali coinvolgono l'intero sistema e biologico e umano.
inutile dire che l'ignoranza è come la peste. Un flagello dal quale ben pochi si salvano.

Il link che ho riportato di seguito è notevolmente collegato all'argomentazione da me esposta.




Rubrica: SCIENZA E DINTORNI

IL CONCETTO DI IGNORANZA E INGANNO: ALCUNI ELEMENTI

lunedì 18 maggio 2009

ARGOMENTI: Opinioni, riflessioni
ARGOMENTI: Sociologia

Dando una scorsa alla storia dell’umanità, le nostre famiglie, le nostre vite, ci accorgiamo di un curioso fenomeno. Prendiamo per esempio il contadino/a, poi sua mamma, nonna, zia, i figli, i nipoti etc., che riassumiamo in contadino-contadini. Conosciamo bene la figura di quegli uomini sani, ben piantati, cioè la cartolina del contadino. Accade però un fatto: togliendo la cartolina, il contadino passa molte ore nella stalla a mungere, molte ore a raccogliere stallatico e a portarlo vicino casa, donde il sano odore di stalla. Poi passa altre ore a seminarlo per i campi e nell’orto, in quanto concime sacro. Fra una cosa e l’altra, se non tutta la vita, passa ore, se non tutta la vita, a respirare ammoniaca. L’ammoniaca brucia gli alveoli polmonari, che poi porta ad una ipossigenazione al cervello… E non parliamo dei lumi a petrolio, i bracieri, i caminetti; quante sigarette fa ? L’argomento è enorme.

Si comincia a profilare il problema. Quale ? -L’ignoranza, ignorare il fatto. -Siccome il contadino non sa certe cose, pensa che ammassare stallatico sia cosa buona, la soluzionem la verità. Non parliamo delle situazioni epidemiologiche (la mamma con il raffreddore che abbraccia il proprio bambino, e in un turbinio di affetto si ammala tutta la famiglia), o le infezioni sessuali. Se prendiamo centinaia di circuiti, ci accorgiamo che il problema è l’ignorare una cosa, quella cosa, il particolare che stiamo vivendo, che ci condiziona. La stessa valutazione potremmo farla nelle case, nelle chiese, nei partiti.

Aldilà dei fatti specifici, c’è il problema di cosa è che ignoro di questo fatto oggi, di questa persona, della situazione. Si profila un primo aspetto del discorso. Indubbiamente ci può essere un concorso di fattori che favoriscono la conoscenza, d’altro canto, esiste pure la volontà di sapere e di ignorare. È evidente che in un contesto agricolo pastorizio ad un certo punto qualcuno ha voluto studiare i sassi, i liquidi, il gas, ha voluto scoprire la fisica biochimica. Il problema è rendersi conto che c’è una parte dell’umanità che non vuole diminuire il tetto del proprio ignorare e un gruppo di individui esigui che lo vogliono abbassare.Se questo fenomeno lo riscontriamo nel campo della vita pratica, negli affetti, nelle manifestazioni artistiche, istintuali, spirituali, c’è il sospetto che il diverso atteggiamento sia una struttura di fondo.

Se riflettiamo un attimo disincantati, ci accorgiamo che c’è uno schema abbastanza limpido; c’è un fenomeno, un punto, l’identità, il famigerato io, persino tu, hai l’impressione che ci sei.

Dall’altra abbiamo una realtà di un fatto. Con vari gradi di approssimazione, c’è qualcosa che possiamo non conoscere, ma c’è, e spesso e volentieri funziona pure. C’è io e la res. Allora il problema non è su io né su cosa c’è, il problema è il percorso da io alla cosa, la percentuale che io ignoro lungo il percorso. Il sasso di oggi è uguale a diecimila anni fa, se lo voglio conoscere ho tutto il tempo, ma il problema è il percorso. Se al posto del sasso ci mettiamo alcune cose nostre, il discorso è: io sto qui, lì c’è lui, l’assegno scoperto, il contratto di lavoro, etc. Cosa ci capisco? Voglio abbassare il tetto di comprensione o no? Sappiamo che è una lotta, e che siamo molto bravi a simulare di volere abbassare il tetto d’ignoranza, in realtà a schivare.

Abbiamo individuato un primo filo, dove non è peccato caricare o scaricare stallatico, ma lo è ignorare cosa emana. Tutti conoscono il problema della golosità a seguito di carenza affettiva.

Domanda: chi ci ripaga di quegli umani, milioni, che per miliardi di anni sono stati colpevolizzati, perseguiti, puniti? E’ uno dei sette vizi capitali, la gola. Lo scatto d’ira sappiamo che è un fatto biochimico. Il peccato non è la gola ma ignorare il processo di gola, d’ira, di lussuria. A monte dei cosiddetti peccati c’è l’unico peccato che l’essere umano può commettere, l’ignoranza, e lì è solo. Se vuole ignora, altrimenti lotta.

Il secondo filo è il tradimento, la carognaggine. Se andiamo a vedere una giornata tipo di tutti noi, ci accorgiamo che quasi completamente è basata sull’inganno e sull’ignoranza. Poniamo che sono un operaio. Mi alzo presto, sono convinto che lavorando produco, prendo lo stipendio con cui mantengo la famiglia, e la società va. La fabbrica in realtà andrebbe meglio con i robot, non è vero che ci mantengo la famiglia con le banconote che ricevo, ma è che quella sacca mantiene questo circuito e la mia famiglia campa. È quella sacca che gli serve, per motivi suoi, per mantenere tot famiglie, per fare circuito; infatti quando non serve, giù tutte le famiglie. La buona sana giornata parte con l’inganno che va a spiazzare tutta la sua vita. Il problema è andare a spasso? No, l’inganno, lo scippo. Fare la spesa? No, i conservanti. Mangiare pulito? No, la sofisticazione?. Ad ogni cosa c’è l’inganno che si sposta, che permea l’intera giornata, dal cibo alle situazioni di sicurezza, dalle situazioni fiscali a quelle religiose.

Se guardiamo la cosa dall’alto, ci accorgiamo che ogni individuo sta in piedi perché può praticare almeno un tipo di inganno, ma allo stesso tempo viene praticato da un pacchetto di inganni. Il fatto poggia su uno scambio di ignoranza. Potremmo dire che il peggior peccato è l’ignoranza, la peggior colpa l’inganno.

Per concludere, ci sarebbe molto da aggiungere a quanto detto, per non dire completare lo schema, che però ci riserviamo in un prossimo articolo.





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